L’ANPI di Osimo comunica la propria soddisfazione per la deposizione di una lapide a ricordo del partigiano osimano Federico Paolini, evento che avrà luogo sabato 21 gennaio, alle ore 11 a Ponterosso di Senigallia. 

Posto sul luogo del vigliacco assassinio del nostro concittadino partigiano compiuto quasi ottanta anni fa dai nazifascisti, insieme alle autorità di quella città, hanno assicurato la propria orgogliosa presenza alla cerimonia l’ANPI Osimo come pure il sindaco Pugnaloni.
Federico Paolini, Medaglia d’Argento al valor Militare, nacque ad Osimo il 6 novembre 1917 e fu un agente di Pubblica Sicurezza, l’odierna Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di Ancona la quale, dopo i bombardamenti dell’ottobre/novembre 1943 del capoluogo dorico, ebbe sede ad Osimo.
All’interno di quell’istituzione Paolini agì fin dal settembre 1943 comunicando costantemente ai gruppi partigiani osimani i provvedimenti e i movimenti di repubblichini e delle truppe d’occupazione.
Il 21 febbraio del 1944 Paolini allertò i partigiani del Fabrizi del prossimo rastrellamento in Osimo di giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò da parte della Milizia repubblichina, dando modo a tanti di dileguarsi e a qualcuno di raggiungere i partigiani che già operavano sul Monte S. Vicino.
Nel pomeriggio del 29 giugno 1944 militi del Battaglione M e delle SS tedesche effettuarono un rastrellamento con l’intenzione di punire i responsabili dell’arresto del Podestà, del segretario politico, di alcuni componenti fascisti e della guardia repubblichina da parte dei partigiani di Osimo, individuando in Federico Paolini colui che firmò l’ordine dell’arresto stesso.
L’uomo fu catturato nella sua abitazione, percosso e caricato su un automezzo diretto a Falconara. 
Il 3 luglio Paolini fu caricato di nuovo su un camion diretto al Nord, probabilmente verso un campo di concentramento ma all’altezza appunto di Ponte Rosso di Senigallia tentò la fuga venendo scoperto dai tedeschi che gli spararono, finendolo poi a colpi di pugnale.
Questa fu la motivazione per la concessione della Medaglia d'Argento al Valor Militare: “Staffetta ed informatore abilissimo della sua formazione, affronta sempre con entusiasmo e coraggio ogni rischio pur di portare felicemente a termine le missioni affidategli. Arrestato e torturato, nessuna parola compromettente usciva dal suo labbro, fin tanto che il nemico, incapace di strappargli la benché minima notizia, barbaramente lo finiva a colpi di pugnale. Osimo – Senigallia, settembre 1943 – luglio 1944”
Un grande figlio e vanto per Osimo, per il corpo di Polizia cui indossò la divisa, per l’associazione che onora il suo ricordo e che continua a battersi per gli stessi principi cui Paolini dedicò tutto se stesso.
Nell’occasione il pensiero corre pure alla figura dello scomparso presidente della sezione di Osimo Roberto Re il quale desiderò sempre un monumento al compagno Federico Paolini cui ben conosceva il valore tanto come uomo che come combattente.
L’ANPI di Osimo ringrazia quanti si sono adoperati, la sezione di Senigallia e il suo presidente Giacomini in particolare, affinché anche questo messaggio di libertà e democrazia si realizzasse e possa essere di monito agli italiani di questo tempo e del tempo futuro, invitandoli alla consapevolezza che nulla di ciò che abbiamo sia scontato e che occorre adoperarsi fattivamente per conservare e sviluppare il diritto ad essere liberi nella democrazia, nella pace e nella giustizia sociale. 
 

L'intervento conclusivo della Coordinatrice nazionale Donne ANPI Tamara Ferretti al Premio Fabrizi

Grazie ai nostri graditi ospiti e alle nostre gradite ospiti, al conduttore di questa serata e al pubblico presente, perché anche questa 17° edizione del premio Fabrizi, ci ha riservato emozioni e cultura e si chiude con un meritato successo. E a nome dell’Anpi nazionale, ringrazio inoltre per la disponibilità l’amministrazione comunale di Osimo e per l’impegno la sezione Anpi di Osimo e il comitato provinciale di Ancona.

Senza riprendere – una ad una – le motivazioni di ogni premiazione, dico che per l’Anpi l’umanità, la solidarietà, la giustizia, la pace, il rispetto della dignità e dei diritti di ogni persona fanno parte di quei valori fondamentali che hanno dato forza alla lotta di Liberazione partigiana, alla Resistenza, e attorno ai quali, oggi, si raccoglie e sta crescendo una nuova comunità di antifascisti.

Ed è per questi valori che in occasione della 17° edizione del premio Fabrizi abbiamo voluto testimoniare il nostro apprezzamento e un particolare riconoscimento allo Stato e al popolo cubano che, come pochi altri, nonostante le ingiustizie e le vessazioni del pluridecennale embargo, hanno dimostrato ancora una volta il valore della solidarietà e dell’interesse al bene comune.

Emozioni e cultura perché, nonostante tutto, c’è un Paese quotidianamente impegnato – nella scuola, nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni – a difesa di questi valori e di questi principi, quelli scritti nella nostra Costituzione grazie alle battaglie e ai sacrifici degli antifascisti e di quanti scelsero da che parte stare con la lotta di Liberazione dal nazifascismo e nella Resistenza.

E c’è un Paese che, nonostante tutto, non dimentica e non rimuove: gli atti di solidarietà, i gesti di umanità ma anche gli oltraggi impuniti e i tradimenti della Costituzione.

Un mese fa, in occasione della festa della Repubblica, il Presidente Mattarella, ha richiamato le parole di una bella canzone di Francesco De Gregori “la storia siamo noi, nessuno si senta escluso”, parole che pesano come pietre sugli avvenimenti e sulle notizie di questi ultimi giorni: sui corpi delle sette vittime, giovani donne, e degli ultimi 43 di oggi, dell’ennesimo naufragio di disperati in cerca di futuro nelle acque del nostro Mediterraneo, così come sulle inammissibili violenze perpetrate, da ultimo, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Da ultimo, perché sta emergendo che altre violenze squadriste erano già avvenute a Melfi, ad Ascoli Piceno, a Modena, a Rieti, a Bologna; violenze e umiliazioni inaudite che nulla hanno a che vedere con la proporzionalità delle pene e con la loro funzione rieducativa. Pene che, come dice il nostro articolo 27 della Costituzione, “non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”.

In questi giorni ricorre anche un anniversario tra i più funesti per la storia di questo Paese: la morte di Carlo Giuliani e la mattanza di Bolzaneto al G8 di Genova del 2001. Ferite ancora aperte. Non poteva esserci modo peggiore per ricordare che troppe volte la nostra democrazia è stata offesa, calpestata e mortificata da azioni spesso rimaste impunite: da Ustica a Bologna, da Brescia a Milano, da Palermo a Firenze e Roma.

In questo Paese esistono ancora troppi coni d’ombra e zone grigie che inquinano e rischiano di logorare un tessuto democratico che, per quanto solido, nella storia e in diversi suoi apparati, non ha mai fatto fino in fondo i conti con il fascismo.

E uno stato democratico non può tollerare l’esistenza di zone franche, in cui c’è chi possa sentirsi autorizzato a sospendere le garanzie costituzionali, agendo impunemente e depistando le responsabilità delle azioni compiute: sia questo un carcere, una caserma, un ministero o una piazza.

Ed è ora che lo sdegno delle istituzioni venga accompagnato e corrisponda, a partire da chi è chiamato a ricoprire incarichi pubblici e giura sulla Costituzione, ad atti concreti, fondamentali per ricucire e ricostruire quella fiducia – da tempo logorata – tra cittadine e cittadine, comunità e istituzioni.

La nostra Costituzione non può tollerare uno sgangherato revisionismo che, tra sdoganamenti ed equiparazioni, vorrebbe porre alla stessa stregua partigiani e repubblichini o che, all’insegna di chissà quali depoliticizzazioni del ricordo dei giorni delle liberazioni, vorrebbe togliere la parola all’Anpi nelle cerimonie ufficiali (come è avvenuto di recente a Jesi e a Macerata), mentre contemporaneamente vengono legittimate saghe inneggianti neonazifascismi mascherati da pseudo-sovranismi che di identitario hanno solo il marchio dell’estremismo delle destre più becere, come è successo a Todi con il festival organizzato da Casapound.

La nostra Costituzione non può tollerarlo e noi non lo permetteremo perché non lo permetterà la coscienza democratica di questo Paese.

È ora che le rinate formazioni neofasciste, neonaziste, negazioniste, vengano messe definitivamente al bando e che gli organi dello Stato – tutti – vengano richiamati al rispetto della Costituzione in ogni sua parte, compresa la XII disposizione che vieta la ricostituzione di partiti e/o formazioni che si richiamano al fascismo. I nuovi arresti, l’altro giorno a Milano, di quattro neonazisti affiliati a una organizzazione clandestina dal nome “Avanguardia rivoluzionaria” come quelli di un paio di mesi fa di “Ultima legione” con aderenti anche nell’ascolano, ci dicono di reti estese, pericolose e con collegamenti internazionali che rinviano tutti al Compendio dello stragista norvegese Breivick, ispiratore anche della sparatoria di Traini a Macerata.

Gli uomini e le donne passano, ma per dirla ancora con le parole del nostro Presidente della Repubblica: “L’Italia è stata ricostruita dalle macerie: la Costituzione ha indicato alla Repubblica la via da percorrere (…) una Costituzione viva che si invera ogni giorno nei comportamenti, nelle scelte, nell’assunzione di responsabilità dei suoi cittadini a tutti i livelli e in qualsiasi ruolo (…) L’Unione Europea è – essa stessa – figlia della scelta repubblicana (…) compimento del destino nazionale – luogo e presidio di sovranità democratica.” E allora bisogna essere coerenti e conseguenti!

Di questo presidio di sovranità democratica noi siamo e saremo garanti. E lo saremo insieme a tutte le altre forze che si richiamano alla Resistenza europea: quell’Europa dei popoli che ha sconfitto il nazifascismo non permetterà che resuscitino i fantasmi delle divisioni, delle discriminazioni razziali, delle ingiustizie, delle prevaricazioni nazionaliste e delle guerre.

Ieri, in sedici hanno firmato un manifesto sovranista.

Tra i sottoscrittori, con l’ungherese Orban e la francese Le Pen, anche Meloni e Salvini. L’hanno chiamata “carta dei valori”. Di quei loro “valori” fanno parte i respingimenti e i maltrattamenti di migranti e profughi, l’innalzamento di muri alle frontiere e i blocchi navali, la negazione dei diritti delle donne, lo sfruttamento della manodopera minorile, la violenza verso ogni minoranza.

Beh, quelli che loro definiscono “valori” per noi sono disvalori, offensivi di ogni umanità! E non hanno niente a che vedere con i nostri valori: quelli della nostra Costituzione e quelli dell’Europa del Manifesto di Ventotene degli italiani Spinelli, Colorni e Rossi.

L’uguaglianza, il rispetto delle diversità “di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, il dovere della solidarietà, la pace sono scritti nella nostra Carta costituzionale. Così come il dovere di fare memoria è nel suo e nel nostro dna.

Noi pensiamo che ogni persona, ogni essere umano nelle sue differenze, rappresenti un valore e siamo convinti che libertà e autodeterminazione siano gli antidoti più efficaci ai morbi infettanti e infestanti dell’ignoranza negazionista, del perbenismo ipocrita e oscurantista, dell’indifferenza.

Noi pensiamo questo grazie al patrimonio di valori – questi sì valori – che la Resistenza ci ha consegnato e a quanti hanno combattuto per sconfiggere il nazifascismo, a quanti hanno sofferto e sono morti!

Lo dobbiamo agli antifascisti come Fabrizi, alle partigiane e ai partigiani come Bianca Sarti e Paolo Orlandini, lo dobbiamo alla lotta di Liberazione e alla Resistenza del popolo italiano.

Buona Liberazione e buona Resistenza sempre.

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