Decifrate le lettere di un deportato ad Auschwitz: "Portavo gli altri a morire dicendo loro la verità"
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- Pubblicato Venerdì, 24 Novembre 2017 10:26
- Scritto da PATRIZIA BALDINO-Rep.it
Abbiamo conosciuto Nedo Fiano, lo abbiamo premiato con il Premio Nazionale ANPI Fabrizi, e lui ci regalò il racconto della sua prigionia ad Auschwitz e della sua "forzosa attività" nel Sonderkommando, probabilmente affianco a quel Marcel Nadjari cui oggi "risorgono" le memorie di questa tremenda tragedia umana.
Per questo ci sentiamo coinvolti in questa notizia con la speranza di poter leggere qualche passaggio nella prossima edizione del Fabrizi.
Intanto aspettiamo che la legge Fiano venga approvata anche in Senato. In Germania qualche giorno fa, durante dei lavori di scavo in un campo sportivo, è stata ritrovata in un campo sportivo una svastica in pietra di 4 x 4 mt.
Le autorità tedesche ne hanno determinato subito la distruzione. Per noi, i simboli fascisti che si trovano ancora nelle nostre città, sono comunque testimonianza di una parte, anche se tragica, della storia d'Italia. Quello che va combattuto è il terreno su cui prospera l'abominevole ideologia.
Da Repubblica.it
Le lettere ritrovate e 'ripulite' grazie alle nuove tecnologie
Marcel Nadjari nel lager era nel Sonderkommando: era costretto a occuparsi dei deportati destinati alle camere a gas. I 13 fogli nascosti sotto terra e tornati leggibili grazie alle nuove tecnologie
"Come potrei temere la morte dopo tutto quello che ho visto qui?". Nelle sue lettere dall'inferno in terra, il campo di concentramento di Auschwitz, Marcel Nadjari racconta. Lui, un ebreo greco, si trovava nel lager come deportato, insieme ai genitori e alla sorella Nelli, che morirono poco dopo il loro ingresso. I suoi testi, per oltre 70 anni, non li ha mai letti nessuno.
Tredici fogli strappati da una quaderno, scritti nell'urgenza di raccontare l'orrore che stava vivendo e di cui era stato costretto a diventare anche parte attiva. I nazisti lo mettono nel Sonderkommando, quel gruppo di prigionieri che gestiscono lo 'smaltimento' dei deportati nelle camere a gas. Un compito terribile: accompagnarli alla morte, poi spostare i corpi, tagliare i capelli, raccogliere i denti d'oro e infine bruciare i resti.
La parte peggiore è la prima, quando i prigionieri destinati alla soluzione finale gli chiedono dove stiano andando e cosa accada in quei fabbricati. "Alle persone il cui destino era segnato ho detto la verità".
Una volta nudi i prigionieri andavano nella camera della morte, con le finte docce da cui usciva il gas. "Sono stati costretti ad entrare a frustate e poi sono state chiuse le porte".
Marcel diventa da vicino il testimone della follia nazista. Non ha paura di morire, anzi è convinto che succederà presto. E per questo decide di affidare i suoi pensieri a fogli di carta che poi nasconde sotto terra. Un ricordo della sua presenza e un monito per l'umanità che arriverà dopo di lui.
Una testimonianza importante ritrovata per caso, nel 1980, da uno studente polacco che partecipava a uno scavo. Il documento, che era stato per ben 36 anni sotto terra, era molto rovinato, quasi illeggibile. Solo oggi, grazie alle nuove tecnologie e al progresso dell'informatica, gli scritti di Marcel sono stati finalmenti tradotti, raccontando una delle pagine più atroci del campo di sterminio. "Ogni volta che uccidono, mi chiedo se Dio esiste", si legge in uno dei fogli. In un altro, Marcel scrive di essere dispiaciuto per due cose: non riuscire a vendicarsi e non poter dare agli altri prigionieri una morte più degna e 'umana'.
Lo storico russo Pavel Polian, che si è occupato della traduzione del documento, ha fatto un'altra scoperta inaspettata: Marcel è sopravvissuto grazie al caos provocato dall'arrivo dell'armata russa, che obbligò i custodi del lager a spostare i prigionieri in altri campi. Trasferito in Austria, dopo la vittoria degli alleati Nadjari è stato liberato. L'uomo si è rifugiato negli Stati Uniti, dove si è sposato e ha lavorato come sarto a New York. È morto nel 1971. Ha lasciato una figlia a cui sono stati consegnati i fogli scritti dal padre.
Ora la preziosa testimonianza viaggerà per le sinagoghe - è già stata letta in quella di Salonicco, città natale della famiglia Nadjari - per parlare di quello che Marcel voleva trasmettere: un pensiero di fratellanza e di solidarietà, soprattutto nel dolore.