Tredici fogli strappati da una quaderno, scritti nell'urgenza di raccontare l'orrore che stava vivendo e di cui era stato costretto a diventare anche parte attiva. I nazisti lo mettono nel Sonderkommando, quel gruppo di prigionieri che gestiscono lo 'smaltimento' dei deportati nelle camere a gas. Un compito terribile: accompagnarli alla morte, poi spostare i corpi, tagliare i capelli, raccogliere i denti d'oro e infine bruciare i resti.

La parte peggiore è la prima, quando i prigionieri destinati alla soluzione finale gli chiedono dove stiano andando e cosa accada in quei fabbricati. "Alle persone il cui destino era segnato ho detto la verità".

Una volta nudi i prigionieri andavano nella camera della morte, con le finte docce da cui usciva il gas. "Sono stati costretti ad entrare a frustate e poi sono state chiuse le porte". 

Marcel diventa da vicino il testimone della follia nazista. Non ha paura di morire, anzi è convinto che succederà presto. E per questo decide di affidare i suoi pensieri a fogli di carta che poi nasconde sotto terra. Un ricordo della sua presenza e un monito per l'umanità che arriverà dopo di lui.

Una testimonianza importante ritrovata per caso, nel 1980, da uno studente polacco che partecipava a uno scavo. Il documento, che era stato per ben 36 anni sotto terra, era molto rovinato, quasi illeggibile. Solo oggi, grazie alle nuove tecnologie e al progresso dell'informatica, gli scritti di Marcel sono stati finalmenti tradotti, raccontando una delle pagine più atroci del campo di sterminio. "Ogni volta che uccidono, mi chiedo se Dio esiste", si legge in uno dei fogli. In un altro, Marcel scrive di essere dispiaciuto per due cose: non riuscire a vendicarsi e non poter dare agli altri prigionieri una morte più degna e 'umana'. 

Lo storico russo Pavel Polian, che si è occupato della traduzione del documento, ha fatto un'altra scoperta inaspettata: Marcel è sopravvissuto grazie al caos provocato dall'arrivo dell'armata russa, che obbligò i custodi del lager a spostare i prigionieri in altri campi. Trasferito in Austria, dopo la vittoria degli alleati Nadjari è stato liberato. L'uomo si è rifugiato negli Stati Uniti, dove si è sposato e ha lavorato come sarto a New York. È morto nel 1971. Ha lasciato una figlia a cui sono stati consegnati i fogli scritti dal padre. 

Ora la preziosa testimonianza viaggerà per le sinagoghe - è già stata letta in quella di Salonicco, città natale della famiglia Nadjari -  per parlare di quello che Marcel voleva trasmettere: un pensiero di fratellanza e di solidarietà, soprattutto nel dolore.