Apologia del fascismo, la legge Scelba non basta

La normativa, datata 1952, impedisce di punire sia chi vende gadget ispirati al Ventennio o al nazismo, sia chi inneggia al fascismo sui social network. Mentre ben due proposte di legge contro souvenir, cimeli e saluto romano giacciono in Parlamento

La maglietta è tutta nera, con al centro la scritta “Keep Calm and Viva il Duce”. Costa solo nove euro e bastano un click e una carta di credito per comprarla online dawww.ilduce.net , che offre un vasto assortimento di gadget inneggianti al ventennio fascista. Il sito, però, specifica che l'ordine minimo deve essere di almeno venti euro.


Poco male, alla maglietta si può abbinare un manganello grandezza naturale con tanto di frase “Dux Mussolini” da dieci euro e un accendino con stampata sopra la faccia del Duce. Venti euro, giusti giusti. Comunque le combinazioni sono infinite: ci sono anche felpe, gilet, puzzle, tappetino per il mouse, gagliardetto, bandiera. E se manca qualcosa si può fare un giro sul negozio online www.ilventennio.it . Il sito è un po' più chic rispetto all'altro e infatti offre a 17,99 euro la cravatta di raso nera con ricamata sopra l'Aquila col fascio. È il secondo articolo più venduto, in testa c'è il portafogli di Mussolini.

Perché qualcuno dovrebbe fare shopping di simili prodotti, che si rifanno alla dittatura che ha imperversato in Italia dagli anni Venti fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, portando l'Italia a schierarsi al fianco di Hitler e relativo partito nazista? Perché quelli del fascismo sono stati «i migliori anni della nostra Patria», scrive il sito web.

Nonostante questi siti online abbiano un retrogusto di apologia del fascismo, la Legge Scelba, creata nel 1952, non li vieta. Forse perché nel '52 il web non esisteva ancora e quindi era difficile impedirli, all'epoca. O forse perché il consumismo non era ancora contemplato. «Serve una riforma, perché la situazione sta degenerando», dice Nadia Rossi, consigliera Pd dell'Emilia Romagna e prima firmataria di un provvedimento regionale per inasprire le sanzioni per chi vende gadget a sfondo fascista. Ma più che ai souvenir, la Rossi punta il dito contro i siti web e le pagine Facebook che inneggiano al fascismo sui social. «Una piaga», dice la consigliera e snocciola un elenco di 94 pagine Facebook che una ricerca della Consulta antifascista di Ravenna ha scovato sul network (che in Italia conta 28 milioni di utenti attivi, cioè quasi metà dell'intera popolazione).

Il gruppo chiuso “Fascismo e socialismo nazionale” conta più di 4 mila iscritti, la pagina Facebook che si auto dichiara Organizzazione Politica e si chiama proprio “Fascismo” piace a 29 mila persone. La pagina dedicata al Duce ha quasi 30 mila like.

 


A Varese, in primavera la polizia di Stato ha denunciato tredici persone, tra i 20 e i 40 anni, che dalla pagina Facebook Neri Vessilli (boia chi molla) lanciavano frasi di odio, violenza, a sfondo razzista e inneggianti il Ventennio fascista. In Sardegna, l'assessore Paola Fadda, del Comune di Siniscola, in provincia di Nuoro, ha postato sulla sua pagina Facebook un filmato girato durante le vacanze a Predappio: il video ritrae un suo parente che viene incitato dall'assessore a fare il saluto romano davanti alla tomba di Mussolini. La donna si è difesa così: «Era una gag». Peccato che non faccia ridere nessuno. Anzi, nel paesino sardo s'è scatenata una bufera mediatica.

A Venezia una professoressa di inglese del liceo Marco Polo, sulla propria pagina Facebook ha prima incitato all'eliminazione dei bambini musulmani, poi si è augurata il naufragio dei profughi e per finire ha postato immagini del Duce. Per fortuna c'è anche chi usa i social per il motivo opposto. A settembre il giornalista di Repubblica Maurizio Crosetti ha scritto su Twitter per raccontare di «Quel bel gruppetto di ultrà juventini che fanno il saluto romano a torso nudo cantando Fratelli d'Italia e Faccetta Nera», riferendosi alla partita Juventus-Sassuolo di inizio settembre.

I parlamentari Andrea Maestri e Giovanni Paglia hanno rivolto un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno,Angelino Alfano, perché «essendo la rete la nuova frontiera della lotta antifascista di questo secolo e, affinché il proselitismo sia osteggiato, è opportuno e necessario dotarsi di una normativa efficace che risolva questa situazione così fragile e che obblighi la polizia postale a segnalare e chiedere a Facebook di chiudere quelle pagine, nel rispetto della legislazioni».

Richiedere a Facebook di bloccare quelle pagine non è né facile, né scontato. Dev'essere un privato cittadino a fare la richiesta, esponendosi a potenziali ritorsioni. Inoltre, per il momento, le segnalazioni alla società americana non hanno avuto granché effetto, perché oltre Oceano poco sanno delle normative italiane e della matrice antifascista del Bel Paese.

La richiesta dei parlamentari è proprio quella di inasprire la Legge Scelba che sanziona – con multe fino a 500 euro e addirittura la reclusione fino a 2 anni – chiunque «promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione , di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista , oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».

Ma non parla di siti Facebook o di portachiavi del Duce. Già, i gadget, altro tallone d'Achille della normativa italiana. Nessuno ci ha fatto caso fino all'estate del 2015, quando a Rimini una coppia di americani di fede ebraica ha contattato il sindaco per raccontargli di quanto fossero rimasti scandalizzati dalla vetrina di un negozio di souvenir, dove c'erano in bella mostra delle bottiglie con la faccia di Mussolini e Hitler.

«Serve una legge per vietare la vendita di oggetti inneggianti al Duce e al Fascismo», aveva chiesto il sindaco. E infatti, da questa estate la Regione Emilia-Romagna è la prima in Italia ad approvare una risoluzione per estendere il reato di apologia del fascismo «anche alla vendita e diffusione di gadget con immagini del regime». Hanno votato a favore Pd, Sel e AltraEr. Contrari Lega Nord, Forza Italia e Fdi-An. Il gruppo M5S si è astenuto. Nella risoluzione, si chiede alla Giunta di attivarsi affinché i gadget fascisti vengano vietati. «Bisogna metterci un freno. Serve anche una legge per evitare che online dilaghino i siti inneggianti al fascismo. La legge Scelba va inasprita», spiegaNadia Rossi, prima firmataria dell'atto.

Va in tutt'altra direzione la sentenza di settimana scorsa della Corte d'Appello di Milano che ha assolto due militanti di Casapound per aver fatto il saluto romano durante una commemorazione di Sergio Ramelli. Assolti perché hanno compiuto «gesti rituali del disciolto partito» fascista, ma «non è chiaro» se «il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva» dell'ideologia. Insomma, per il Tribunale se il saluto fascista è “commemorativo” non è reato.

Tutto questo, nonostante la Cassazione, a marzo, avesse affermato che il saluto fascista è reato. Nel mese di giugno è arrivato persino il rimbrotto della Commissione Europea, proprio partendo dal caso di Casapound e chiedendo di rivedere la legge in materia, rendendola più rigorosa ed efficace. In Parlamento giacciono, in attesa di approvazione, ben due proposte di legge contro souvenir, cimeli e saluto romano, una proposta da Emanuele Fiano del Pd, l'altra presentata e sottoscritta dai parlamentari Tiziano Arlotti, insieme ai colleghi romagnoli Marco di Maio e Enzo Lattuca, con cui propongono modifiche alla legge Scelba per punire la produzione, distribuzione e vendita di oggetti raffiguranti immagini del periodo fascista. Arlotti si era mosso dopo le polemiche scoppiate per un calendario dedicato a Benito Mussolini comparso (e poi ritirato) sugli scaffali di un supermercato coop di Reggio Emilia. 

 

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