70° dell'eccidio di Chigiano. I figli più cari di Osimo

"Alessio"Umberto LAVAGNOLI         Franco STACCHIOTTI               Piero GRACIOTTI                     Lelio CASTELLANI

 

70 anni sono l’altro ieri

 

Il 23 e 24 marzo 1944 l’atto più alto che Osimo compie ai fini dell’Unità d’Italia aggiungendovi libertà e democrazia.

Non togliamo nulla ma arricchiamo di significato il valore ad altri osimani che proposero il loro corpo al nemico in nome di un futuro diverso da quello che altrimenti attendeva loro e i loro figli, intendendo per questo il sacrificio nei moti risorgimentali.

Non a caso la Resistenza è definita anche il “secondo Risorgimento iitaliano”.

E il 23 e 24 marzo di quel lunghissimo 1944, un inverno rigido e nevoso come pochi, si copie il destino di 24 partigiani e di 4 osimani, un cameranese e un sirolese.

L’Alpen Krieg della seconda divisione H.Goering  tedesca decide un’azione di rastrellamento nella zona attorno al M.S. Vicino, a S. Severino Marche, Calderola, Tolentino.

Nella zona di Chigiano vengono schierati quattro battaglioni misti di fascisti e tedeschi, oltre 2000 unità, armati di mortai, mitragliatrici e fucili mitragliatori, nonché di una radio trasmittente che stavano avanzando tra le montagne.

I reparti degli occupanti avanzavano da Matelica su Braccano, da Castelraimondo su Gagliole e da San Severino su Roti e, caduto questo avamposto con il capitano Valerio, volgevano  verso  Chigiano.

Le formazioni partigiane attestate nel medio-alto maceratese e attorno alle pendici del S. Vicino,  erano un  pericolo sicuro per il defluire delle divisioni tedesche in ritirata dopo l’abbattimento della Linea Gustav, tentando una nuova difesa su un fronte che andavano da Pesaro a La Spezia, in un fronte di guerra che correva in massima parte lungo l’appennino tosco-emiliano: la linea Gotica.

I partigiani attorno a Chigiano e Valdiola entrarono in contatto con i tedeschi nella notte tra il 22 e il 23 marzo e ne scaturì un cruento scontro a fuoco.

Tutte le formazioni partigiane di Elcito, Frontale fino a Serra S.Quirico furono impegnate a respingere i nazisti aiutati nell’impresa dai fascisti locali: nazifascisti che alla fine lasciarono sul campo diversi soldati feriti a morte e che per questo non si ripresenteranno più in zona.

Finita la battaglia si contarono vittime anche tra i partigiani del distaccamento “Mario”. Dal ponte di Chigiano, che attraversa le due sponde del Musone, ai partigiani si presentò uno spettacolo pietoso: nel sottostante greto del fiume giacevano tremendamente mutilati anche nelle parti più intime, sfigurati i visi per evitarne il riconoscimento, sei corpi.

Tra quelle vite spezzate quattro sono quelle di osimani: Franco Stacchiotti, cui verrà dedicato successivamente il Gap del Fiumicello, Piero Graciotti, Lelio Castellani e Alessio Lavagnoli, oltre a quelli di Giuseppe Paci, e Augusto Filippi.

Quei corpi orribilmente massacrati furono allora trasportati con la Lancia Stura requisita al vescovo di Macerata e sepolti nel piccolo cimitero di Frontale da dove vennero riesumati e inviati a Osimo solo dopo la Liberazione.

Lelio Castellani venne riconosciuto solo da una boccetta di brillantina che venne trovata addosso ad uno di quei corpi.

In questa stessa azione, un altro partigiano, ma appartenente al gruppo “Ferro” dell’anconetano Emilio Ferretti, Anacleto Giulietti di Sirolo, correndo in soccorso dei compagni di Valdiola da Elcito, finì nelle mani dei nazifascisti.

La dichiarazione di morte verrà stilata solo tre anni dopo quando uno dei corpi rimasti senza nome perché irriconoscibili, venne riconosciuto in quello del marinaio di Sirolo.

In quella giornata di scontri perse la vita anche Lubiano Bondi di Camerano.

Settant’anni nella vita di un uomo possono essere abbastanza.

Per la storia settant’anni sono l’altro ieri;  per chi crede negli ideali di libertà, di democrazia, di giustizia e di pace sono ieri.

Per chi difende gli ideali di libertà, di democrazia, di giustizia e di pace quei tragici eventi sono “domani”.

Armando Duranti

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