Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sè e deve essere governato con la forza..."

Giacomo Matteotti, 30 maggio 1924. 

 

 

                                         W LA REPUBBLICA ITALIANA

                                                        NATA DALL'ANTIFASCISMO E DALLA LOTTA DI LIBERAZIONE

 

 

 

 

Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sè e deve essere governato con la forza..."

Giacomo Matteotti, 30 maggio 1924. 

 

 

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                                                        NATA DALL'ANTIFASCISMO E DALLA LOTTA DI LIBERAZIONE

D'Ambrosio contro il “federalismo feudale”

In invito ad un “seminario nazionale” sul tema “la nostra costituzione”, e relatori del calibro di Valerio Onida, Elena Paciotti e Vito D'Ambrosio mi hanno convinto ad una trasferta al teatro “La nuova Fenice” di Osimo: nome allusivo, che sembra volerci rassicurare su un destino di rinascita anche dopo essere bruciati nel rogo della barbarie.

L'iniziativa era promossa dal generoso e attivissimo Armando Duranti, come dire dall'Anpi, accanito cultore delle memorie cittadine, e autore di testi importanti sulla lotta di Resistenza nella zona a sud di Ancona.

Purtroppo l'intero teatro la nuova Fenice era stracolmo di studenti e di studentesse. Gran bel vedere. Che tuttavia ha spostato il taglio dell'iniziativa da una riflessione estremamente attuale ad una lezione certamente ben fatta e assai opportuna, che non ha voluto infilarsi nelle questioni più controverse, che sono peraltro le sole oggi in grado di appassionare noi adulti.

Quindi lascerò perdere le molte cose sagge dette ai giovani e alle giovinette dai tre relatori, per appendere la mia riflessione ad una considerazione fatta da Vito D'Ambrosio, presidente emerito della Regione Marche nonché sostituto procuratore in carica della Corte di Cassazione.

D'Ambrosio tra le altre riflessioni si è anche soffermato sulla riforma del “Titolo quinto” a suo tempo affrontata nel clima di svolta federalista che era dilagato. E quel genere di federalismo D'Ambrosio lo definisce “federalismo feudale” in quanto figlio di una prassi e di un accordo tra centro e periferia per nulla vicino alle aspirazioni di un Cattaneo, quanto piuttosto utilizzabile per ripetere i vizi del principe feudatario rispetto ai suoi vassalli.

D'Ambrosio poi ha dedotto da questa sua critica una proposta di grande impatto. Se il titolo quinto va ripensato, la riforma deve riguardare principalmente i poteri dei Comuni, che storicamente hanno costruito la struttura dell'Italia rinascimentale, anche a scapito delle attuali Regioni, sulle quali molto ci sarebbe da recriminare e da modificare.

Questo punto a me è parso particolarmente significativo, soprattutto se esposto ai cittadini in formazione, in un Comune che esibisce nella sua piazza principale il ricordo di un capitano di ventura – Buccolino Guzzoni – che ebbe tra le sue aspirazioni l'idea di farsi signore di una “marca auximonia”, cioè centrata su Osimo, ma dalle dimensioni le più ampie che fosse possibile.

Oggi la “marca auximonia” è solo un ricordo affidato alle cure di eruditi locali, ma la “macro regione adriatica” è una ipotesi che sta prendendo campo, e che si sposerebbe molto bene con l'ipotesi di rivisitazione del titolo quinto proposta da un signore che, non a caso, è stato presidente della Regione Marche.

Dal seminario dell'Anpi, quindi, viene almeno una idea nuova: ripensare radicalmente le attuali regioni, nelle dimensioni, nel numero, e forse anche nelle competenze, privilegiando i Comuni singoli o associati, e guardando in alto, a macro regioni da costruire con uno sforzo anche culturale, per non rendere fallimentare il tentativo di ritrovare antiche koiné utilizzabili per nuove solidarietà e nuovi progetti comuni.

 

Mariano Guzzini

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