70° del bombardamento di Ancona

lapide del bombardamentoGià Ancona aveva avuto, all'indomani dell'8 settembre, il segno tangibile dell'occupazione tedesca e della guerra che incombeva sulle città italiane quando la caserma dell'Esercito Italiano di Villa Rey divenne teatro di un'azione di guerra popolare cui parteciparono antifascisti anconetani e alcuni militari di stanza in quel sito militare, tra i quali l'osimano Quinto Luna, azione atta a liberare i militari italiani "sotto chiave" dalle truppe tedesche ed in attesa della deportazione. Il porto di Ancona era già importante tanto da subire un bombardamento navale già il 23 e 24 maggio 1915 nel corso del primo conflitto mondiale tanto che Rizzo e i suoi MAS che affondarono l'ammiraglia austroungarica Santo Stefano partirono proprio dai moli anconetani; e Ancona divenne sempre più strategica dopo lo sbarco alleato del 1943 man mano che le truppe alleaste risalivano la penisola dall'Adriatico verso la Linea Gotica. Così l'attenzione dell'aviazione alleata si concentrò sulla città già dal 16 ottobre 1943 e Ancona subì innumerevoli incursioni aeree fino al 17 luglio 1944 che, nel loro complesso, causarono circa 4.000 morti, il 70% della città distrutta e orrendamente mutilata, oltre a non quantificabili danni al patrimonio sociale, culturale, identitario e storico. Ma certamente il più cruento dei bombardamenti fu quello di Ognisanti: il 1° novembre appunto. E' sabato mattina, l'orologio segna le 11:30, i mercati si presentato affollati quanto tre formazioni di quadrimotori composte da 8 bombardieri ciasciuna, per più di un'ora si accaniscono sulla città dorica occupata. In un solo giorno morirono 2.000 persone, venne distrutta un’ala della Cattedrale di San Ciriaco, completamente distrutta la Chiesa di San Lorenzo, semidistrutta la Chiesa millenaria di San Pietro, danneggiate Santa Maria della Piazza e San Cosma, gravemente colpiti ed in parte crollati il Palazzo degli Anziani ed il Palazzo del Governo. Venne colpito anche il Carcere di Santa Palazia e l’adiacente rifugio di via Birarelli: in un sol colpo morirono 400-500 persone – molte delle quali provenienti dall’orfanotrofio - che vi avevano trovato rifugio.  Questo il rapporto della Prefettura di Ancona e del Comitato Provinciale di protezione anti aerea (1) :.... omissis .....

Benchè non rivesta il carattere di ricovero pubblico, nè quello di ricovero privato, tuttavia non si può tacere che il rifugio aperto in roccia marnosa per i detenuti della "Casa di Pena" sulle Rupi del colle Guasco, ed in corso di completamento, dove il primo novembre s'era rifugiata anche parte degli abitanti delle case prossime, oltre ai detenuti della ''Casa di Pena" e quelli del "Carcere dei Minorenni", non ha resistito alla azione distruttrice delle bombe.

Non è possibile a questo Comitato P.A.A. stabilire le ragioni della non resistenza di detto ricovero, perché

éè il progetto di esso non è mai stato sottoposto all'approvazione del tecnico del Comitato, ne mai furono chieste dalla Direzione del Penitenziario consigli o ragguagli in merito alla costruzione di esso.

Dalla relazione sul luttuoso incidente presentato dall'Ufficio del Corpo del Genio Civile si legge:

"Purtroppo anche il rifugio aperto in roccia marnosa pei detenuti, ed in corso di completamento, dove s'era riversata anche parte degli abitanti le case prossime è stato raggiunto ad uno degli imbocchi. Le bombe certo a grappolo e, comunque, di calibro da ritenersi - per gli effetti - eccezionali, hanno avuto ragione della protezione costituita dalla falda collinare marnosa, nella quale è stata perforata la galleria, nonché delle due quinte sfalsate in muratura di mattoni costruite come d'uso a protezione dell'imbocco del ramo colpito e seguito da altra quinta di sacchi a terra. Per non essendosi avuta, per esistenza di queste ultime opere di presidio, proiezione di materia, la incidenza assiale degli ordigni sull'imbocco ha sottoposto il ramo di galleria, cui questo dava accesso, alla nota azione di soffio e successiva depressione, con deleteri effetti sugli organi interni delle persone che ne sono rimaste investite.

Non è stato possibile accertare il numero delle persone che hanno trovato la morte nel luttuoso incidente, perché estratte circa 150 vittime, non è stata più possibile l'estrazione delle altre ed il ricovero stesso è stato chiuso con muri alle imboccature trasformandolo così in tomba. Da informazioni assunte si calcola che in esso erano rifugiate dalle 400 alle 500 persone delle quali pochissime hanno potuto salvarsi.

Già dai primi bombardamenti su Ancona una parte della popolazione si riversò sulle campagne e sui paesi limitrofi tra i quali Osimo che alla fine contò più di 5000 rifugiati, anche molti provenienti dal sud. Alcuni ebrei anconetani si rifugiarono attorno alla frazione S. Stefano e alcuni anconetani agli ordini di Wilfredo Giannini costituirono un GAP.  Ma la conseguenza più evidente fu quella per la quale Osimo divenne “la capitale delle Marche” fino alla liberazione.  Tutti gli uffici dello Stato, le Caserme, furono distribuite sul territorio osimano tra le quali il comando marchigiano della Guardia di Finanza che fornì di armi i partigiani e condussero la lotta di liberazione acquisendo un MAVM nella persona del maresciallo Arca. Anche la MAVM osimana Federico Paolini era un impiegato nella Prefettura dorica traslocata a Osimo.

Questo è quanto scrive Giovanni Lafirenze sulla tragedia di Ancona il primo novembre

i B-24 (bombardieri pesanti) in venti minuti rovesciano su Ancona bombe dirompenti e incendiarie da 250, 500 e 1000 libbre. La struttura portuale in pratica non esiste più, le navi all'ancora agonizzano tra le fiamme, La Stazione è un braciere incandescente, il Palazzo del Governo e quello Comunale ardono per causa delle bombe incendiarie.
Il Carcere è colpito da più bombe, ma all'interno del rifugio anti-aereo carcerario si consuma una diabolica tragedia: i locali proteggono persone d'ogni età, sesso e condizione sociale, la paura della morte abbraccia e unisce 4500 anime. I bimbi urlano paura tra le calde tremanti braccia dei genitori. I boati delle esplosioni sono sempre più intensi e minacciosi.
L'aria all'interno del rifugio è irrespirabile...improvvisamente un nutrito gruppo di persone inizia a pregare. Un assordante boato zittisce tutti, una bomba è caduta a pochi metri,
l'esplosione è violenta perciò trascina il proprio acre fumo all'interno del rifugio, peggiorando l' impossibile respirazione... colpi di tosse simili a rantoli riempiono le stanze, il viso di molti anziani diventa cianotico, ma i boati continuano. Le preghiere, i rosari si trasformano in deboli lamenti.
Qualcuno maledice inglesi e americani, altri sfogano le proprie collere in direzione del dieci luglio. Fuori i boati delle bombe americane producono frastuoni ormai indistinguibili.
Guardie carcerarie e detenuti cercano d'aiutare i primi agonizzanti. Ma non serve a nulla...due bombe centrano l' ingresso del rifugio. Un paio di sfere infuocate proiettano nel rifugio carcerario una doppia onda d'urto che inibisce e schiaccia 450 sogni di vita. 

(1) (dal volume "Bombardamenti su Ancona e Provincia 1943/44")

 

 

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