I fabrizi

da "Mai con Mussolini" di Armando Duranti - ed. ANPI Osimo, Osimo 2004

I FABRIZI

 GIUSEPPE,  ARMANDO,  RENATO BENEDETTO 

 

In questa breve serie biografica iniziamo non già con Renato Benedetto Fabrizi, che pure fu l’ispiratore e capo della cellula comunista clandestina Ragno, ma con il padre di questi Giuseppe.

Ciò dovrebbe permettere d’inserirsi idealmente nell’ambiente cui crebbe Renato: un ambiente familiare dalla forte tensione politica fatta di militanza attiva e passionale.

 

  • Giuseppe Fabrizi

 

foto segnaletica del 1914 -

Casellario dei politici Questura di Ancona

 

 

Giuseppe Fabrizi nacque ad Osimo il 17 settembre 1874, sarto, domiciliato in Via Trento, 21 (già Piana del Borgo, 322), fu Antonio e Polinori Laura.   Egli è già noto all’autorità giudiziaria fin dal 1894 per minaccia a mano  armata, accusa questa da cui verrà prosciolto per non provata reità.(123)    Dal punto di vista politico Giuseppe  è già noto alla delegazione di Pubblica Sicurezza, con atto del 16 aprile 1896, quando questa lo segnala alla polizia di Fiume (Istria), dove Giuseppe si era recato per lavoro.   Stessa segnalazione parte dalla stazione dei RR. CC. il 18 dello stesso mese per la corrispettiva della città istriana.(124)    Indicato come anarchico nel marzo 1906, un anno dopo, il 28 novembre, venne tolto dal novero degli anarchici stessi, per essere inserito nel famoso Casellario Politico quale socialista.   Giuseppe  sposò  Elvira  Mosca  dalla  quale  ebbe tre figli: Armando classe 1901, Renato Benedetto classe 1910 e Nazzarena classe 1912. Il sarto del Borgo venne indicato tra i promotori della “Settimana Rossa” osimana del 1914, fatti per i quali venne successivamente processato. Grazie al provvedimento collettivo di clemenza del 29 dicembre 1914 adottato dal Regno d’Italia, il successivo 23 gennaio del 1915 fu amnistiato dall’accusa di sovversione all’ordine dello Stato etc, proprio in relazione ai fatti del 1914.

 

(123) BCO - I sarti li iniziamo a trovare politicamente attivi  fin dal 1878, invischiati nella triste vicenda della società Fratelli Bandiera.  Inclusi nell’elenco dei giudicati, troviamo infatti due sarti: Graciotti Crescentino di anni 40 e Polinori Cesare di Giuseppe di anni 23. E’ tacito pensare che quest’ultimo sia stretto parente del Fabrizi per la connessione con il cognome della madre di Giuseppe oltre che per l’attività lavorativa probabilmente tramandata, nonché per luogo comune di residenza.

(124) AdS. AN,  Que, Pol. – Fasc. Fabrizi Giuseppe- Mod. A, 20/5/1915.

 

Il 3 aprile 1915 venne di nuovo segnalato per aver partecipato ai comizi contro la guerra, tenuti ad Osimo da Francesco Misiani il 16 gennaio, da Riccardo Sacconi il 28 febbraio e da Umberto Bianchi il 12 marzo successivo.

Fu delegato insieme a Giovanni Cecconi (detto Canario) al congresso regionale socialista di Falconara del 22 giugno 1919 in rappresentanza della sezione osimana. Si tenne sempre al corrente delle vicende politiche con la lettura del giornale socialista “l’Avanti! “ e frequentò assiduamente la locale sezione del partito cui era evidentemente stimato.

Nel 1917 fu richiamato alle armi.    Viste le sue referenze politiche venne tenuto lontano dalle linee come molti socialisti schedati nel timore di una diserzione e spedito a Castelmauro (CB) presso un campo di prigionia.

Trascrive la Questura anconetana che sullo schedato Fabrizi debba necessariamente continuare un’assidua sorveglianza testimoniata. Ciò è riportato nella corrispondenza occorsa tra la Tenenza dei RR.CC. di Osimo, il Prefetto di Ancona e le autorità militari in loco. Ironia della sorte Castelmauro sorge a pochi chilometri da quel Larino dove morirà, anni dopo, il figlio Renato Benedetto.

Come risulta dalle note di sorveglianza sullo schedario mod. A/1896 che lo definiscono “spavaldo e fanatico”, Fabrizi all’avvento del Fascismo continuò a professare le proprie idee socialiste e, pur non mettendosi in particolare evidenza, rimase comunque costantemente sorvegliato. Giuseppe frequentò solo i compagni socialisti e sovente, come riportato, parlava di politica anche con i clienti. Ciò accadeva pure quando lavorava a domicilio presso le case coloniche, di notte, quando il lavoro dei campi cessava.

Il 26 febbraio 1931 subì una perquisizione domiciliare dalla quale però non emerse alcunché; è chiaro però che i militi dovettero aver subodorato qualcosa circa la cellula clandestina di cui il figlio era a capo.

Fermato il 4 dicembre 1931 per i fatti correlati al gruppo Ragno, di cui appunto il figlio Renato fu l’anima ed il genero Marino Verdolini il “braccio armato”, venne nella circostanza emessa contro Giuseppe l’ordinanza di ammonizione con la seguente accusa: “consapevole dell’attività sovversiva del figlio Renato, ne favoriva col silenzio l’iniziativa”. (125)

Il 6 giugno 1932 si rivolse per iscritto al Prefetto di Ancona perché gli venisse annullata “la vigilanza che lo umilia” e che non lo lascia libero di lavorare, specie in orari serali. A tale richiesta si oppose la locale Tenenza dei RR.CC. di Osimo accampando la propria preoccupazione per l’ordine pubblico data la “pericolosità del soggetto e perché ciò provocherebbe fermento nell’ambiente fascista e verrebbe male interpretata dagli elementi sovversivi osimani”.(126) 

 

  • Armando Fabrizi

 

La famiglia di Giuseppe Fabrizi, come abbiamo sin qui letto, fu intrisa fortemente dalla politica e dal sentimento socialista in particolare, in tutte le sue espressioni.

Così, rovistando tra le carte della Corte d’Appello di Ancona abbiamo tratto una vicenda cui è chiamato a rispondere in giudizio tale Armando Fabrizi, figlio maggiore di Giuseppe, classe 1901.(127)

Armando è anch’egli impegnato politicamente nel partito del padre. Come gran parte degli  operai, dei  cattolici  con  in  testa  Benedetto XV e soprattutto di quei socialisti che non seguirono i dirigenti nazionali e molti loro compagni, Armando non si piegò all’idea della guerra. Per quei giovani di sinistra, i conflitti erano un’invenzione borghese, nei quali a scorrere era solo il sangue dei lavoratori e dei figli di questi; da una parte e dall’altra della trincea. A loro giudizio ciò era d’impedimento al diffondersi del messaggio socialista di internazionalismo proletario. Vari scontri, anche fisici, si consumarono in tal senso, per certo, ad Osimo intorno al 1917; scontri che videro protagonisti da una parte gli operai, specie del Borgo, e dall’altra gli studenti delle secondarie, convinti assertori del conflitto.

(125) L’Italia al confino, ed ANPPIA,
(126) AdS. An, Que, Pol. – Fasc. Fabrizi Giuseppe
(127) AdS An, Trib., C.A. - Rinvio a giudizio della Corte d’Appello di Ancona, 20/2/1919.
 

La disputa non si limitò alle parole, ma raggiunse il suo tragico epilogo con la morte di uno studente. D’altro canto, l’andamento disastroso del conflitto e le condizioni di bisogna del popolo in una guerra di cui ancora non si intravedeva la fine, gettò benzina sul fuoco negli animi già provati da tante privazioni e lutti.

Due divisioni al fronte si ammutinarono, una in marzo ed una nel luglio 1917; a maggio vi furono violenti scontri tra  forze dell’ordine e scioperanti contro il carovita.(128)   

Dopo incidenti durati alcuni mesi, arrivò così la sera del 20 dicembre 1917; l’occasione fu la commemorazione di Guglielmo Oberdan, manifestazione tenuta nella sala del Comune.(129)

Guidati da Giacomo Binci, gli operai inveirono all’indirizzo degli studenti, tra cui emergeva la figura del notissimo Ferruccio Ascoli(130). Gli operai furono per questo allontanati con la forza dal municipio,  ma la cosa non finì lì. All’uscita dal palazzo comunale, gli operai attesero gli studenti contro i quali inveirono nuovamente e pesantemente al grido di:  “Faremo i conti ! ”….e  conti furono.

 

(128) Rai3, La guerra al fronte, 4-11-2003.
(129) AdS An, Tr. C.A. – Sentenza del 25 maggio 1919.
(130) MPA - Ferruccio Ascoli, ebreo osimano, dapprima repubblicano, direttore della “La Sentinella”, ex futurista, inizia la sua parabola ideologica verso il radicalismo nazionalista partecipando  il 26 settembre 1919 al congresso regionale di Porto S. Giorgio dell’Associazione Nazionale Combattenti. Dalle colonne del settimanale politico osimano, Ascoli non avrà dubbi nell’appoggiare l’impresa fiumana; ciò diversificandosi dalle opinioni in merito dei repubblicani anconetani e del loro giornale  il “Lucifero”, il quale, per qualche tempo, fu diretto da Pietro Nenni. Nel maggio 1920 Ferruccio Ascoli guiderà ad Ancona le manifestazioni dei giovani nazionalisti contro lo scioglimento dell’11° Bersaglieri. Verrà in seguito nominato Segretario della Camera di Commercio di Ancona dal Fascio.

 

Questo valse successivamente ad Armando Fabrizi e compagni, l’accusa di aver commesso “fatti idonei a deprimere lo spirito pubblico e diminuire la resistenza del Paese minacciando e offendendo, oltre che l’accusa di lesioni gravi per gli episodi che seguirono.  La sera del 29 dicembre 1917, un’ulteriore  colluttazione  tra studenti ed  operai,  ebbe  luogo  in  Largo  S. Agostino,  rissa  questa  che  vide  tra  i protagonisti il Fabrizi. Stessa cosa si ripeté il 7 gennaio 1918 dietro la chiesa di S. Francesco.

Questo è l’unico episodio conosciuto di Armando Fabrizi, del quale se ne sono perse le tracce, una volta emigrato in Argentina.

 

  • Benedetto Fabrizi detto Renato

 

Benedetto Fabrizi detto Renato, questo il nome vero riscontrato all'anagrafe solo nell'agosto 2014, per la Questura invece Renato, nasce ad Osimo il 31.10.1910. Statura 1,62 cm, castano, un po’ curvo sulle spalle, sempre abbigliato decentemente. Fin dalla sua prima giovinezza dette prova di seguire i principi socialisti del padre e del fratello Armando ma. contrariamente al genitore che subì nel tempo due denunce dalle quali venne comunque assolto, Renato nel 1931 è ancora incensurato. 

La sua cultura non è tale da fargli tenere conferenze (ndr. nota della Questura) ma ha piacere nella lettura. Questo lo ricaviamo dalle dichiarazioni contenute nei verbali che lo riguardano e di quelli di altri suoi compagni i quali dichiararono di aver avuto dal  Fabrizi in prestito dei libri. Le sue letture non erano solo di carattere politico; difatti, nei rapporti di PS si annotò ad esempio che ad Antonio Sorbellini  Renato Benedetto prestò  due testi: “La spada sterminatrice” e “Il Casanova”.

Secondo il Commissario di PS che stese la relazione per la schedatura, Renato accomunò queste letture a pubblicazioni sovversive, tenendosi   sempre  comunque  al  corrente  sugli  sviluppi  della  politica  in Unione Sovietica. Questa sua passione gli conferì un certo ascendente sui compagni la cui istruzione era sicuramente più limitata.

Contrariamente al padre che svolse la propria attività lavorativa anche all’esterno Renato preferiva lavorare in casa.

Non face mai mistero delle proprie convinzioni politiche neanche con l’avvento del Fascismo. Per questo motivo venne più volte bersagliato e malmenato non potendo in aggiunta disporre di una solida corporatura.

Anche se dagli interrogatori sembra che a prendere il comando operativo del gruppo si susseguissero più personaggi, in realtà il capo indiscusso rimase sempre Renato Benedetto il quale a volte si tenne in disparte dai compagni intuendo di essere controllato dai fascisti, ma mai abbandonandoli.

Purtroppo ad Ancona non è custodito il fascicolo della Questura di Renato Benedetto Fabrizi, come pure quello di Luigi Fiordelmondo, Luigi Pennacchioni e Quinto Luna. Quello cui siamo entrati in possessotanto del Fabrizi che di Quinto Luna, è il fascicolo depositato presso il Casellario Centrale dei Politici (C.P.C.) dell’Archivio Centrale di Stato di Roma.

Così non abbiamo potuto valutare approfonditamente l’interrogatorio di Renato Fabrizi, sicuramente più esteso e completo, né conoscere molto di più su ciò che accadde dalla data dell’arresto, avvenuta il 15 novembre 1931, fino alla sentenza del gennaio successivo. Sicuramente dopo una breve permanenza nelle carceri locali, oggi ufficio centrale delle Poste e Telegrafi di Osimo, Fabrizi e gli altri arrestati vengono tradotti presso le carceri mandamentali di Ancona.

Lo sviluppo dei fatti connessi all’attività della cellula Ragno è ampiamente trattato nel capitolo preposto per cui, in questa parte del testo, considereremo il resto della vita di Renato Fabrizi: dal momento della sentenza di confino dell’ 11 gennaio 1932 in avanti. Dalla data della sentenza, Fabrizi e compagni dovranno attendere ancora un mese in regime carcerario. Il 12 febbraio successivo, dall’ufficio preposto del Ministero degli Interni, venne comunicato ai reclusi Fabrizi, Verdolini e Vigiani, la sede del domicilio coatto: l’isola delle Eolie, Lipari (Telegramma Min. Int. n. 3238). (131)

 

 (131) ACS Rm, CPC - Mod. A-Dir.Min. Int. Direz. Gen. P.S.-Schedario 12/2/1932.

 

Renato Fabrizi venne così tradotto in quel luogo ai margini del mondo, il 21  marzo  del  1932(132)  come  testimonia  la  relativa  carta  di permanenza. Lipari fu una colonia penale per detenuti politici al confino di primo piano come Ponza, Ventotene, Ustica, etc.

Ad attenderlo in loco vi erano appunto molti altri  confinati  politici, noti e meno noti, in un territorio che non ha certo l’aspetto e l’accoglienza “turistica”odierna.

Tra il 1928 e il 1929 fu confinato su quell’isola delle Eolie anche Carlo Rosselli. Lì egli scrisse la sua opera più significativa Socialismo Liberale, base ideologica per la fondazione del movimento Giustizia e Libertà.

In quei pochi ettari di terra emersa transitarono pure personaggi come Ferruccio Parri, Emilio Lussu e Fausto Nitti; questi ultimi riuscirono comunque ad evadere per esiliarsi in Francia come Rosselli.

 

 

(132) ACS Rm, CPC - Questura di Messina n.2861 21/3/1932.

 

A Renato Benedetto, come del resto a tutti gli altri confinati politici, venne imposto il divieto d'incontrarsi con gli altri coscritti in numero maggiore di tre (comma 2°, ordinanza del 9/8/1932 - Direzione della Colonia Penale). Il divieto non fu rispettato dall’osimano tanto da essere deferito al Pretore di Lipari il 4 ottobre dello stesso anno reo, appunto, di aver passeggiato per le vie dell’isola in compagnia di tali Cuccinello,  Ghisio, Sozzi,  Sentinelli, Magli, Rivelante, e Giovetti.(133)     Da questa imputazione fu sollevato l’11 febbraio dell’anno successivo, quando sarà già rientrato nella sua Osimo dal confino di polizia essendo nel frattempo intercorsa l'amnistia per il decennale della Marcia su Roma (4/11/1932).(134)  

 

 I successivi rapporti di Pubblica Sicurezza, che vennero stilati  con cadenza trimestrale, dal 12 novembre 1933 al 6 marzo 1936 indicano una regolare condotta morale del “sovversivo”, ma pure riferiscono che Renato non ammansisce le proprie idee e per questo viene assiduamente vigilato.

Il rapporto del 26 luglio 1936, pur non fornendo elementi diversi circa la condotta del Fabrizi, menziona però un particolare determinante per il futuro del sarto osimano. Questi viene infatti ripetutamente notato in compagnia di elementi sospetti per il loro passato politico. Per Renato era scontato frequentare quelle amicizie, questo perché non tenne mai altri rapporti al di fuori dei propri compagni di fede.

Il 25 luglio del 1936 (data fatale per il Fascismo) , Renato viene di nuovo arrestato dalla Milizia fascista. L’accusa fu quella di “avere in pubblico manifestato idee sovversive, approvando l’attuale movimento comunista spagnolo”. Ricordano alcuni vicini della Piana del Borgo ancora viventi, di aver sentito Giuseppe ed Elvira inveire pesantemente sotto le finestre di un vicino, denunciandolo pubblicamente, come delatore e causa dell’arresto del proprio figlio Fabrizio. La spiata, secondo i genitori del giovane sarto, fu fatta da quella persona in modo da disfarsi del debito contratto con lo stesso Renato per un abito cucito.

Comunque  Renato viene arrestato e condannato di nuovo al confino politico il 20 agosto 1936: “per aver pronunciato frasi di contenuto antinazionale.” (rapporto del 30 agosto 1936 - Mod. A doc. cit.).

Questa volta non dovette attendere molto. Lo stesso 27 agosto arrivò il telegramma del Ministero degli Interni, n. 28383 che gli assegnò, quale destinazione del confino politico, lo sperduto paesino molisano di Bonefro in provicia di Campobasso allora Abruzzi.

(133) ACS Rm, CPC, - Mod. A
(134) CON

Bonefro come doveva comparire a Fabrizi

 

Il paese, la cui economia era di tipo agricolo - montano, è posto a 606 metri s.l.m. e a 47 chilometri dal capoluogo Campobasso. Bonefro, che oggi  conta appena 1800 abitanti, al tempo non doveva contarne più di mille, secondo informazioni locali, e almeno trenta erano i confinati politici.(135 ) Il vecchio paese, detto localmente Terravecchia, si concentra intorno ad una torre normanna divenuta castello nei secoli successivi. Luogo  di forte  emigrazione, gli  abitanti  erano abituati da secoli ad  andare a lavorare come pastori nel Tavoliere delle Puglie, sugli alpeggi del Gran Sasso, oppure a dedicarsi a lavori agricoli giornalieri e mal pagati. Dal 1886 al 1901 emigrarono in Brasile e Argentina più di 1.000 persone. In genere si spostavano solo i capofamiglia i quali tornavano dopo un periodo di due o quattro anni, o stagionalmente, per acquistare piccoli appezzamenti di terreno. Un freno all’emigrazione ci fu durante il fascismo, ma la pressione democratica e il malcontento popolare si fecero sentire e dettero luogo a forti agitazioni sindacali.(136)

Oggi il centro è tristemente noto per il recente terremoto cui è stato epicentro con S. Giuliano di Puglia, teatro quest’ultimo della vicenda dei bambini sepolti dal crollo della loro scuola.

Il giorno 3 settembre 1936 il Questore di Campobasso inviò un telegramma al Podestà di Bonefro ed al Comando Tenenza RRCC di Larino comunicandogli l’assegnazione di Fabrizi al confino in quel comune per scontare due anni di pena.   Nella comunicazione il graduato aggiunse che sul sovversivo deve essere esercitata “un’attenta e rigorosa vigilanza”, sottolineando in aggiunta, la necessità di un rapporto quindicinale sul confinato.   Inoltre il pubblico ufficiale ordinò che al confinato dovesse essere corrisposto un sussidio giornaliero e l’indennità di alloggio dal giorno della sua permanenza in paese, oltre che a fornirlo della Carta di Permanenza e della visione del verbale degli obblighi di confino.

Il 4 settembre lo stesso Questore Ravelli telegrafò al Podestà Almerindo Cifelli chiedendo notizie sull’arrivo del confinato in paese. Il podestà, che riceverà solo il giorno 6 successivo la missiva, rispose il giorno appresso comunicando la presenza a Bonefro di Renato fin dalle ore 13 di quello stesso giorno. L’8 settembre il segretario comunale e il  podestà di Bonefro comunicarono a Renato Benedetto gli obblighi del confino a cui gl’internati dovevano scrupolosamente attenersi.

  

(135) ASB - La numerazione progressiva, n. 204, data alla “busta” relativa al Fabrizi, ci aiuta a capire l’entità delle presenze nel tempo dei confinati in quel paese montano.  
(136) Dal sito internet Città di Bonefro.

Il confinato doveva anzitutto procurarsi un lavoro stabile sul luogo sede di confino, non abbandonare l’abitazione assegnatagli e non oltrepassare la cinta muraria del piccolo paese. Al mattino correva l’obbligo di non uscire prima delle 7 e di ritirarsi non dopo le 19, sopportando in aggiunta l’obbligo di firma presso l’autorità di P.S. con la seguente calendarizzazione:

dal 1° novembre1936 al 28 febbraio 1937 – ore 13, dal 1°marzo al 30 aprile - ore 11 e ore 16, dal 1° settembre al 31 ottobre - ore 11 e ore 15, dal 1° maggio al 31 agosto – ore 11 e ore 15. 

 Al confinato non veniva ovviamente concesso l’uso di armi e di strumenti atti ad offendere, venendogli in aggiunta fatto obbligo di non trattenersi in osterie o in ritrovi pubblici, né di assistere a spettacoli o riunioni pubbliche o, più semplicemente, parlare di politica.

Qualora ne fosse stato capace, al confinato non veniva concesso l’uso e la detenzione di macchine da scrivere o di altra attrezzatura che potesse in qualche modo essere utilizzata per propaganda sovversiva, tanto meno macchine fotografiche.

Il 9 settembre Renato Fabrizi, trovandosi in condizioni ambientali così diverse da Osimo, fece domanda al competente Ministero per ottenere il vestiario spettante ai confinati. Ad un mese esatto da quella richiesta, venne disposta la spedizione delle spettanze risultante in: un abito, un paio di scarpe, una camicia ed un solo paio di mutande, il tutto confezionato dalla Scuola Tecnica di Polizia di Roma.

E’ evidente che gli indumenti inviati dal competente Ministero non dovettero essere sufficienti al bisogno di Renato, visto che i genitori dovettero provvedere ad inviargli altro vestiario, per il quale furono rimborsati di 27 lire e 50 centesimi, date le spese di spedizione sostenute.

Fabrizi non si rassegnò comunque mai alla permanenza in quel paesino spoglio e perso tra i freddi monti molisani, e all’isolamento conseguente. Così fece domanda di proscioglimento alla Questura di Ancona. Il Ministero giudicò  prematura  quella  richiesta (137) e  richiese  anzi  al  Comando  della Tenenza dei CC.RR. di Larino, competente territorialmente, d’intensificare la vigilanza sul confinato nel timore di una sua evasione.

 

(137) ASB - Que, Campobasso 28/11/1936.

 

 Alla fine del febbraio 1937 a Renato Fabrizi arrivò una seconda risposta negativa dalla Questura di Campobasso che, traducendo quanto disposto da quella di Ancona, di fatto lo escluse dal provvedimento di clemenza decretata dal Duce in quanto il provvedimento di grazia era applicabile ai reati comuni, come quello di furto, e non a quelli “politici”.

Questa condizione di abbandono, di sicuro isolamento e di speranze fugate, fu il prologo del compimento della tragedia che accompagnerà l’ultimo periodo della vita di Renato Benedetto Fabrizi. Il 21 marzo venne difatti  disposto  il  ricovero  del  confinato osimano presso il più vicino ospedale di Larino a causa di una pleurite esudativa che lo affligge.

Già il giorno 16 venne richiesto il ricovero ma solo il 18, due giorni più tardi, arrivò il telegramma con l’autorizzazione al trasferimento nella sede sanitaria.

Renato Benedetto Fabrizi cessò di vivere in quel luogo, in solitudine e lontano dalla sua Osimo e dai suoi familiari, il 29 aprile 1937; esattamente due giorni dopo una delle vittime più illustri dell'antifascismo: l’intellettuale e dirigente comunista Antonio Gramsci.

La salma di Renato Benedetto Fabrizi verrà tumulata nel locale cimitero e potè fare ritorno nella sua città solo sei anni dopo a Liberazione di Osimo avvenuta.

Ad accogliere i resti dello sfortunato Renato Benedetto, traslati questi a mezzo treno, ad Osimo Stazione si ritrovarono i suoi compagni di un tempo i quali, nel frattempo, avevano condotto la Resistenza osimana e nell'anconetano come:  Mario Pasqualini, Quinto Luna, G. Battista Cecconi e Veniero Cecconi.

Proprio da quest’ultimo raccogliemmo la testimonianza dell’episodio.    

Le spoglie di Renato Benedetto Fabrizi vennero poste in un loculo del cimitero monumentale di Osimo non essendo stato ancora costruito il Monumento dei Partigiani (nella foto).

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