80° Siamo ancora qui!

 

Ottant'anni non sono pochi ma purtroppo siamo ancora qui a dover ribadire e a celebrare una verità storica acclarata che inequivocabilmente afferma che a fare strage di partigiani italiani coinvolti nella guerra di Liberazione dall’invasore nazista come pure di inermi civili, non furono solo i tedeschi ma che a quell’odio viscerale per l’umanità collaborarono i falsi patrioti quali i fascisti.  Ce lo dice la presenza nelle stragi di battaglioni neri come la Mutti, la Decima Mas, delle SS italiane che anche sul nostro territorio marcarono con la loro ombra di morte.

Fu così anche 80 anni fa quando a Chigiano di Valdiola, alle porte di S. Severino Marche, avvenne la strage del Battaglione Mario, in cui militarono diversi partigiani osimani, e di inermi contadini.

Un battaglione dove militavano russi, somali accanto a osimani, cameranesi, serrani, ecc. Un battaglione composito ma che agognava ad un mondo di pace, senza sopraffazioni, senza distinzioni di fede e di razza visto che in quei luoghi fu ucciso anche Don Pocognoni.

 A coadiuvare l’azione dell’Alpenkrieg tedesca specializzata nelle azioni antipartigiane in montagna, in quel 24 marzo 1944 furono attivi anche fascisti maceratesi.

Non bastò loro fucilare ma, con tutto l’odio che l’uomo può manifestare, gettarono i corpi ormai esanimi dal ponte sul Musone e, scendendo nel greto, infierirono su quei corpi brandendo le carni martoriate anche quelle più intime.

Oggi sappiamo ciò che non dobbiamo fare: seminare altro odio: odio per chi è diverso da noi, odio per chi parla e pensa diversamente da noi.

Però sappiamo altrettanto bene ciò che dobbiamo e possiamo fare: difendere la Costituzione della Repubblica Italiana nata dall’antifascismo e dalla Lotta di Liberazione.

Difendere la Costituzione significa difendere tutti quei principi che oggi determinano e regolano un rapporto ragionevole tra cittadini: un rapporto umano, solidale.

 

Osimo 24 marzo 2024

Finanziere e partigiano a Filottrano: Paola Arca - Paolo Arca

 

da www.anpiosimo.it  del 05/04/2013

Una "Fiamma" che deve tornare ad ardere a Filottrano

Dovremmo   essere abituati ormai, dopo tredici anni di ricerca storica, a non stupirci   di nuove storie di uomini e donne che, su questa nostra terra marchigiana,   hanno sentito alto l'obbligo di partecipare alla cacciata di fascisti e   occupanti tedeschi e alla rinascita del nostro Paese. Noi, la sezione di   Filottrano, Filottrano stessa, siamo e saremo sempre grati al capitano   Gerardo Severino delle Fiamme Gialle, direttore del Museo Nazionale della   Guardia di Finanza in Roma, nostro collaboratore, cui sentiamo la vicinanza   ideale, che ha tra altri meriti di sicuro più alto valore, anche quello di   farci conoscere la vicenda umana e militare del brigadiere della Guardia di   Finanza Paolo Arca, vicenda umana e militare che si svolge attorno a   Filottrano. Il destino ha voluto che questa ricerca venisse alla luce proprio   quando l'ANPI di Filottrano perde il suo faro. Anche per questo vogliamo   dedicare questo pezzo al Flavio Antinori.

Questo   il testo del saggio, non ancora pubblicato, che il nostro collaboratore ci riserva e che proporremmo al sindaco di Filottrano per una pubblicazione in   loco.

                                                                                                                                                                                                              Armando Duranti

 

  PAOLO ARCA

  (1901 – 1957)

BRIGADIERE DELLE FIAMME GIALLE
EROICO PARTIGIANO A FILOTTRANO
 
di Gerardo SEVERINO 
(Direttore del Museo Storico Nazionale della Guardia di Finanza)

 

I. Premessa.

 

Il 4 gennaio del 1989, un anziano ex partigiano delle   Marche, tale Luciano Cristofanelli, rivolse al Comando Generale della Guardia   di Finanza, da Cingoli (Macerata), ove abitava in via Cristianopoli 1, la   seguente lettera:

 

“Nel ricordo delle epiche vicende belliche della città di   Filottrano, desidero ravvivare il cordiale affettuoso legame, sorto nella   lotta del CLN per la Liberazione di questo territorio, con l’allora Brig.re   Paolo Arca, della Legione di Ancona, che ne risultò protagonista di primo   piano. 

Prego voler fornire notizie (indirizzo) di questo valoroso   che operò tanto attivamente in giorni oggi impensabili, con abnegazione ed   ammirata capacità da imporne grata e perenne memoria. Venne proposto per la   Medaglia di Bronzo dal Comando della V^ Brigata Garibaldi, e non so quale   altra onorificenza e riconoscimenti gli furono poi concessi da codesto   Comando Generale.

 Nel 1946 abitava in Viale Bonaria 94 in Cagliari”.

 Il Cristofanelli, nella speranza di riabbracciare il   vecchio compagno di lotta di cui aveva perso le tracce da oltre quarant’anni,   non poteva certo immaginare che il povero Maresciallo Arca era, invece,   deceduto da lungo tempo. Un beffardo destino, infatti, lo aveva tolto ai suoi   affetti ed alle sue amate Fiamme Gialle il 1° febbraio del 1957, esattamente   sei mesi dopo il suo congedo dalla Guardia di Finanza, intervenuto   nell’agosto dell’anno prima, per raggiunti limiti d’età.

 Proprio grazie alla sua lettera, il Cristofanelli ci ha   indotto ad approfondire la figura del partigiano Paolo Arca, di cui il   Generale Oliva, nel suo pregevole lavoro dedicato al contributo offerto dalla   Guardia di Finanza alla Resistenza, cita stranamente la sola promozione   straordinaria per meriti di guerra2]. Per tale motivo abbiamo svolto negli archivi   del Corpo una ricerca storica a

 

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 1- In Archivio Museo Storico   Guardia di Finanza – Roma (d’ora in poi AMSGF), Schedario Decorati, fascicolo   personale “Mar.llo Paolo Arca”. 
 2- Giuliano Oliva, “La Guardia di   Finanza nella Resistenza e per la Liberazione”, Edizione Scuola di Polizia   Tributaria della Guardia di Finanza – Roma, 1985.

 

 più ampio raggio, la quale ci   consente oggi di presentare alla Storia del nostro grande Paese, ma forse   anche al figlio Giovanni, la figura di un uomo integerrimo; un finanziere   onesto e di altissimo spessore morale; un partigiano valoroso; un sardo   d’altri tempi, del quale, sino ad oggi, conoscevamo solo le poche note   biografiche riportate nel Libro d’Oro del Corpo, oltre a qualche riferimento   nei libri dedicati alla Resistenza. A quasi settant’anni dagli eventi che lo   videro protagonista, ricostruiamo ora le vicende di questo grande italiano,   il quale, come approfondiremo a breve, visse una vita semplice, ma nello   stesso tempo avventurosa ed affascinante.  

 

II. Dalla Sardegna ad Ancona: brevi   note biografiche di un eroico Finanziere.

Non si può parlare di un vero eroe   se non prima di averne ricostruito le principali tappe della propria   esistenza. Solo in questo modo si può comprendere fino in fondo di che “pasta”  erano – e sono fatte – le persone che hanno dato tanto all’Italia,   soprattutto in un periodo difficile della sua storia.Ebbene, il nostro   protagonista nacque a Bortigali (Nuoro) il 6 agosto del 1901, figlio di   Giovanni Arca e di Lucia Morla, molto probabilmente esponenti di una famiglia   benestante della zona, tant’è vero che il giovane, a differenza di molti   coetanei, ebbe la possibilità di procedere negli studi, conseguendo il   diploma di 2^ Tecnica.

Il 16 febbraio del 1920, pur non   essendo ancora maggiorenne, Paolo decise di arruolarsi nell’allora Corpo   della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza (l’odierna Polizia di Stato),   ammesso a frequentare il corso di formazione presso la Legione Allievi di   Caserta, terminato il quale fu destinato alla Legione Territoriale di Torino.

La guardia di P.S. Paolo Arca prestò   servizio nella Pubblica Sicurezza sino al gennaio del 1923, data in cui fu   congedato, a seguito dello scioglimento di tale Corpo, intervenuto per   effetto dell’art. 8 del R.D. in data 15 gennaio.

Ritornato a Bortigali, l’Arca cercò   in ogni modo di non pesare sulle spalle della propria famiglia, alla quale,   nel frattempo, era venuto a mancare il padre Giovanni. Per tale ragione   decise di tornarsene “in Continente”, stabilendosi a Genova, ove per qualche   tempo avrebbe esercitato la professione di “chauffeur meccanico”, così   come indica il suo libretto personale[1].

Ma   la passione di Paolo Arca era quella di vestire comunque un’uniforme. Ecco il   motivo per cui, dopo qualche anno dal “congedo forzato” dalla Polizia,   tentò nuovamente la strada dell’arruolamento volontario. Per assecondare tale   desiderio scelse la Regia Guardia di Finanza,presso il cui Comando di Circolo a Genova presentò regolare istanza nel corso del 1925.

 

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 [1] “Libretto Personale” della guardia Arca Paolo. In Archivio Sottocapo   di Stato Maggiore e AA.GG. Comando Generale Guardia di Finanza – Roma (d’ora   in poi A.S.C.S.M.C.G.G.F), fascicolo personale “Mar. Arca Paolo”.

 

Superate le varie prove selettive e gli   esami medici, il giovane Arca, allora ventiquattrenne, fu ammesso tra le   Fiamme Gialle il 19 agosto dello stesso 1925, destinato alla frequenza del   corso semestrale di addestramento presso il Battaglione Allievi di Verona.  

Nella città scaligera, l’allievo sardo rimase sino al 22   ottobre, data nella quale fu trasferito alla Scuola Alpina di Predazzo, ove   avrebbe completato il ciclo d’istruzione. Promosso finanziere il 1° febbraio   1926, Paolo Arca fu assegnato alla Legione di Genova, più precisamente alla   Brigata cittadina denominata “A. Doria”, alla quale era demandata la   vigilanza doganale su quell’importantissimo porto mercantile.  

Nei tre anni seguenti, l’Arca avrebbe continuato a   prestare servizio nella medesima città, anche se mutando spesso reparto,   com’era allora previsto dal regolamento del Corpo. Il 1° ottobre 1929, avendo   superato brillantemente le relative prove d’ammissione, Paolo Arca divenne   allievo della Scuola Sottufficiali delle Fiamme Gialle, che allora aveva sede   a Caserta.

Promosso Sotto Brigadiere il 1° settembre del 1930, l’Arca   fu destinato alla Brigata “stanziale” di Ortona, dipendente dalla Compagnia   di Chieti, ove rimase sino al 1° giugno del 1931, data in cui fu trasferito   alla Brigata di Avezzano. Negli anni seguenti, il Sottufficiale sardo operò   in altre località, quali Vasto, Genova e Treviso, ove fu spedito il 1° giugno   1936, dopo essere entrato a far parte del Servizio Automobilistico del Corpo:   una sua vecchia aspirazione. Raggiunta Gorizia il 16 agosto 1937, per   l’ennesimo avvicendamento, nel dicembre successivo venne finalmente promosso   al grado di Brigadiere.

Il 14 maggio del 1939, il Brigadiere Arca fu, poi,   destinato al Drappello Automobilistico di Udine, presso il quale sarebbe   rimasto sino al 1° agosto 1940, data in cui ottenne il trasferimento nelle   Marche. In quella stessa data fu assegnato alla Compagnia Comando della 14^   Legione di Ancona, detta “del Rubicone”, mantenendo ovviamente la   qualifica di “addetto al servizio automobilistico”. Ad Ancona e   provincia operò per tutta la durata del secondo conflitto mondiale.

Sei anni dopo, l’ormai Maresciallo Capo Paolo Arca avrebbe   lasciato per sempre le Marche alla volta della sua amatissima isola,   destinato alla Compagnia Comando della Legione di Cagliari, ove esercitò[1]., sino alla fine del 1948, la funzione di “Capo Meccanico Automobilista”

Il 28 dicembre 1951, dopo aver   sacrificato gran parte della sua vita alla professione, l’ormai maturo  Maresciallo Maggiore Arca convolò finalmente a nozze con una conterranea, la   signorina Lavinia Loi, originaria di Seui (Nuoro), più giovane di lui di una decina d’anni. Dall’unione con la signora Lavinia nascerà l’unico figlio,   Giovanni, venuto alla luce il 13 giugno del 1955. Quattro mesi dopo, il 1°   ottobre, essendo stato esonerato dal Servizio Automobilistico per motivi di   salute, l’Arca fu posto al comando della Brigata “stanziale” di Cagliari, destinata ad operare in area portuale.

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[1] AMSGF, Schedario Decorati, fascicolo personale “Mar.llo Paolo Arca”.

 

Vi rimase sino alla pensione, intervenuta appena un   anno dopo. Il 6 agosto del 1956, Paolo Arca dovette, infatti, lasciare la sua   seconda famiglia, le Fiamme Gialle, avendo raggiunto il cosiddetto “limite   d’età”. Come emerge dal suo foglio matricolare, il Maresciallo Arca elesse   domicilio in Genova, con indirizzo in Via Melegari, n. 8, ove – molto   probabilmente – si spense il 1° febbraio dell’anno seguente, per cause a noi   sconosciute, lasciando soli al mondo la povera moglie Lavinia ed il   piccolissimo Giovanni.

 

III.  Il partigiano Paolo Arca.

 

L’8 settembre del 1943, data fatidica per le sorti   del nostro povero e martoriato Paese, il Brigadiere Paolo Arca si trovava ad   Ancona, in servizio presso la Compagnia Comando di quella Legione   territoriale, così come abbiamo appena ricordato. Prima di analizzare   compiutamente l’esperienza partigiana vissuta dall’Arca, ci appare opportuno   ricordare brevemente la particolare situazione nella quale si venne a trovare   il richiamato Comando in quel particolarissimo e delicatissimo contesto   storico.  

Per farlo abbiamo rintracciato, negli archivi del   Museo Storico del Corpo, la relazione, sottoscritta in data 12 settembre 1945   dall’allora Ten. Col. Rosario Pisano, divenuto Comandante interinale della   Legione di Ancona proprio all’indomani dell’armistizio, in sostituzione del   titolare, Col. Bonfanti Defendente, che si trovava in licenza a Roma.  

Malvisto dal Capo della Provincia di Ancona, il truce   Franco Scassellati Sforzolini (che tenne l’incarico sino alla metà di ottobre   ’43, allorquando fu trasferito a Como), con il quale nel ’41 aveva avuto non   pochi problemi – per fatti di contrabbando – in quel di Cattaro (ove il   Pisano si trovava al Comando del 2^ Battaglione mobilitato, mentre lo   Sforzolini era Capo di quella Provincia), il Comandante della 14^ Legione   risultò da subito inviso alle autorità fasciste anconetane, primo fra tutti   al Generale La Corte, comandante della Guardia Nazionale Repubblicana, che lo   sospettarono di antifascismo e disfattismo, specie dopo i cosiddetti “fatti   di Filottrano”, di cui tratteremo in avanti.  

A seguito dei durissimi bombardamenti ai quali fu   sottoposta la città di Ancona dall’ottobre ’43 in poi, anche le caserme della   Guardia di Finanza subirono gravissimi danni, rimanendo di conseguenza   inagibili. Nonostante l’ordine superiore (impartito dal Comando della 2^ Zona   G. di F. di Venezia) secondo cui il Comando della Legione di Ancona si   sarebbe dovuto trasferire a Nord di Ancona, sfollando uffici e personale a   Forlì o Bologna, il Ten. Col. Pisano si adoperò con ogni mezzo pur di evitare   di lasciare le Marche, ove – come è facile intuire – vivevano le famiglie di   gran parte dei suoi dipendenti.  

Come evidenziò lo stesso ufficiale:  “Io, invece, anche per i riflessi politici che aveva   un siffatto spostamento a Nord, sfollai – come ho già detto – la Legione, il   Circolo e la Compagnia legionale nella campagna di Filottrano ad alcune   decine di chilometri a Sud di Ancona. Iniziai le operazioni il 4 o il 5   dicembre – non ricordo bene – e le ultimai verso la metà del mese. A Filottrano mi sono preoccupato di sistemare tutti i   miei dipendenti, provvedendo anche per gli alloggi degli ammogliati e   consentendo a coloro che trovavano difficoltà per il vitto, di prelevare,   anche per le persone di famiglia, la razione confezionata presso la cucina   dell’accantonamento.   A Filottrano sono andato con il proposito e la   speranza di poter ivi attendere la liberazione (Ricordo di avere in più d’una   occasione espresso con qualcuno dei miei ufficiali – capitano Cogrossi Renzo   o capitano Caliò Luigi e capitano Bitritto Salvatore – la decisione di   cercare un idoneo ricovero per le famiglie e poscia agire, non appena il   fronte di combattimento si fosse avvicinato alla zona, passando le linee   alleate o alle bande partigiane, per riprendere ciascuno il proprio posto appena liberata la zona stessa)[1]. 

Ed a Filottrano, seguendo il   proprio reparto, la Compagnia Comando della 14^ Legione, giunse anche il   nostro personaggio principale, il Brigadiere Paolo Arca, che in quel   frangente si occupava ancora del servizio automobilistico legionale. Fu,   quindi, a Filottrano, nei primissimi giorni del dicembre ’43 – gennaio ’44,   che il Sottufficiale, aderendo al C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale)   di Filottrano, presieduto dal Prof. Fermando Marrani, entrò in contatto con   le organizzazioni partigiane locali, facenti capo alla V^ Brigata partigiana   “Garibaldi” di Ancona, comandata dall’Ing. Amato Tiraboschi, detto “Primo” 2]. 

Ben presto, però, l’Arca fu   costretto a “darsi alla macchia”, così come evidenziò egli stesso in sede di   interrogatorio: “L’8 febbraio 1944 poiché le mie   relazioni con i Capi del movimento partigiano, i quali mi chiedevano in quel   periodo una attiva collaborazione nel campo militare non mi permettevano più   oltre di restare in servizio, mi allontanai dal reparto. A tale mia decisione  contribuì il fatto che il giorno 9 stesso mese bisognava prestare giuramento alla repubblica fascista. Assente dal reparto. 

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 [1]“Relazione sul comportamento del Ten. Col. PISANO Rosario dopo l’8   settembre 1943 redatta a Milano in data 12 settembre 1945”. In AMSGF,   fascicolo personale “Ten. Col. Rosario Pisano”.
[2] Nota del 24 febbraio 1945 a firma   del Brig. Paolo Arca indirizzata al Comando brigata litoranea mista di   Ancona, con oggetto: “Dati riflettenti la posizione personale del B.T. ARCA   Paolo dall’8 settembre 1943 in poi”. In A.S.C.S.M.C.G.G.F, fascicolo   personale “Mar. Arca Paolo”.
 

 

sono stato fino alla liberazione di   Jesi (20 luglio 1944). L’allontanamento avvenne in divisa e senza le armi che lasciai in caserma…”[1].  

Il partigiano Arca svolse la sua attività patriottica in varie   località delle Marche, da Filottrano ad Osimo; da Macerata a Cingoli, da Jesi   ed Ancona, operando – sempre agli ordini della V^ Brigata “Garibaldi” ed in   collegamento anche con il Comitato di Liberazione Regionale, presieduto   dall’Avv. Oddo Marinelli – mettendo a segno anche importanti azioni di   guerriglia contro i nazi-fascisti nel settore Muscosi – Frontale.  

In tale ambito, l’Arca dimostrò di essere anche un abile compilatore   di piani per il disarmo dei reparti nazi-fascisti e delle altre forze armate   al servizio degli stessi, come ebbe a dichiarare egli stesso nel richiamo verbale, facendo evidentemente riferimento – senza ammetterlo esplicitamente   – anche al disarmo degli “accantonamenti” (caserme e magazzini) della Guardia   di Finanza ubicati nella stessa Filottrano: operazione passata alla storia della Resistenza appunto come “Fatti di Filottrano”, di cui trattano i   principali testi dedicati al movimento partigiano delle Marche[2].  

L’azione partigiana fu ricostruita anche dal colonnello Pisano, nella menzionata relazione del ’45, dalla quale   apprendiamo che: 

“Nella notte dal 27 al 28 febbraio   1944 i due accantonamenti in cui – in frazione San Biagio di Filottrano –   erano sistemati gli uffici del Comando della Legione, del Comando del Circolo   di Ancona, della Compagnia comando legionale, il personale di questa e gli   alloggi di sette ufficiali – compreso il mio – furono invasi da diverse   centinaia di Patrioti che disarmati tutti i militari accantonati, asportarono   oggetti di casermaggio e di vestiario, macchine da scrivere, le armi della   Compagnia comando (compresi due mitra Beretta, sprovvisti di cartucce e di   caricatori, portati dal maresciallo maggiore mare Lopez da Zara con una   nostra motobarca rifugiatasi nel porto di Ancona nei primi giorni successivi   all’armistizio e sottratti alla asportazione dei tedeschi) ed i quattro automezzi   in dotazione al reparto automobilistico legionale, nonché oggetti e valori di   proprietà privata.

Nessuna reazione di nessuna specie   da parte mia e da parte di tutti i miei dipendenti (.) Ultimate le operazioni   di carico dei materiali militari di cui ho fatto cenno, io, il maggiore   Venditti ed il capitano Cogrossi fummo condotti con i patrioti. Fummo rilasciati   dagli stessi, dopo poche ore e ciò a seguito di quanto spiegai all’ufficiale   che mi apparve fosse il comandante della 

 

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 [1] Dal “Processo Verbale di Interrogatorio” al quale fu sottoposto il   Brigadiere Arca in data 29 maggio 1945 da parte della Commissione per la   sistemazione dei militari sbandati in essere presso il Comando Circolo di   Ancona, Commissione presieduta dal Cap. Alfiero Zanobbi. In   A.S.C.S.M.C.G.G.F, fascicolo personale “Mar. Arca Paolo”. 
[2] Confrontare, fra gli altri,   Massimo Salvatori, “La Resistenza nell’Anconetano e nel Piceno”, edizione   Opere Nuove – Roma, ottobre 1962, pag. 161.

 

spedizione e sembra, anche, a seguito dell’intervento favorevole di un   nostro sottufficiale – forse mio ex dipendente – facente parte della   formazione dei patrioti o con questi in contatto”[1] ponendo a frutto, per tale   delicato incarico, la sua bella cultura professionale e la perfetta   conoscenza dei luoghi. Inviato in montagna e chiamato più volte a guidare   reparti di consistenza non inferiore al plotone, in ogni circostanza, spesso   in situazioni drammatiche, sapeva volgere la fortuna delle armi a netto   favore delle forze partigiane, dimostrando sul campo qualità singolari di   tattica abile e intraprendente. Il suo coraggio e la sua fede trovavano nuova   conferma più tardi, quando, arrestato e minacciato di fucilazione, sapeva   mantenere durante due mesi di detenzione contegno fermissimo e, quindi, evaso   dal carcere, tornava con intatto entusiasmo al suo posto di combattimento   (Marche, 9 febbraio 1944- 30 giugno 1944)”.  

A tale ricompensa   fece seguito, nel corso del 1953, il conferimento della Medaglia di   Benemerenza per i Volontari di Guerra[1], istituita con Decreto legislativo n. 1054 del 21   aprile 1948. Con tale medaglia, che si andava così a sommare alla   modestissima promozione straordinaria, che praticamente aveva abbreviato solo   di qualche anno una progressione di carriera che comunque ci sarebbe stata lo   stesso, l’Italia dimostrò “quanto fosse riconoscente” all’eroico partigiano sardo,   che – ricordiamo – aveva subito anche la galera e le torture dei militi   fascisti, dopo aver combattuto eroicamente al fianco di altri valorosi   partigiani marchigiani.  

Il Maresciallo Paolo Arca non pretese   altro, nei quattro anni di vita che gli rimarranno, conscio com’era del fatto   di aver contribuito, con il proprio valore e col proprio amor patrio, a   quella vittoria finale contro il nazi-fascismo che fu a base – e lo è tuttora   – della nostra amata Repubblica. Tutto sommato, la ricompensa maggiore la ricevette   dalla vita e da quell’Iddio al quale credeva profondamente, grazie ai quali   ebbe modo di incontrare la sua amata Lavinia e diventare così padre del   piccolo Giovanni, uno dei tanti figli di questa Nazione che hanno avuto la   gioia e la fortuna di vivere e crescere in piena libertà e democrazia.

 

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[1] Comunicazione n. 27309/M in data 24 agosto 1953 del   Comando 15^ Legione Guardia di Finanza di Cagliari. In A.S.C.S.M.C.G.G.F,   fascicolo personale “Mar. Arca Paolo”.
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